On November 23rd , 1980, at 7:34 pm, the earth shook in Irpinia, a territory between Campania and Basilicata, two of the poorest regions in southern Italy. The shock was 6.8 on the Richter scale and lasted 70 seconds. Enough to bury 2914 lives and destroy hundreds of thousands of homes around Naples. That day began an unprecedented diaspora of disinherited families who desperately ran to find a home somewhere in the newly built city. Neighborhoods designed with the squaring and bevel of an urban utopia imported from northern Europe, which turned into a bad architectural journey when it crystallized in southern Italy. Le Vele di Scampia designed by the architect Franz Di Salvo and currently being demolished; Caivano, San Giovanni a Teduccio, Afragola and Ponticelli were transformed with the so-called Law 219 into a constellation of official protection houses, occupied apartments, poverty and drug dealing mostly controlled by the Camorra: the scars of a natural catastrophe.
Many families lost everything in an instant everything they had, their homes, their goods, the sacrifices of a lifetime. Ponticelli, the second most populous district of
Naples (75,097 inhabitants), where the level of early school leaving reaches 40%, is today a punch in the stomach. We are on the outskirts of East Naples and it is here that the “Bipiani“, blocks of flats completely covered with aluminum with asbestos roofing, arise in a place built after the earthquake. The “Bipiani” were meant to be a temporary place of transition for those displaced by the earthquake, but still today there are about 400 people of different ethnic groups who still live there. We could define them as a mosaic of totally different ethnic groups and cultures, which painstakingly coexist with each other in a filthy and unregulated environment.
The district of San Giovanni a Teduccio remained autonomous until 1925 when it was decreed its aggregation to the Municipality of Naples together with Secondigliano, Barra and Ponticelli as a result of the fascist decrees signed by the king. Affected by the so-called “Piano delle Periferie ”of 1980, it was redeveloped on the pre-existing settlements contextualized by landscapes of obsolete industrial elements and inextricably linked to urban development together with the “167 “district and the Vele of Scampia”. From which was born the “Bronx disctrict” the a toponym which the local citizens gave to the Neighborhood for the social characteristics that have always afflicted the resident population.
It was in 2012 that I began to deal with the problems of the outskirts of Naples
telling many different realities. The difficulties for people living in these places are almost always similar, the place changes, the dialect changes, but the cultural level and social class remain the same. The social problems were already innumerable since then: (absence of work, family problems, lack of education etc …) Growing up in the suburbs for a boy is really difficult and it’s easy to get overwhelmed by the mentality of the world without you noticing in time. As if reality suddenly gets out of hand and sweeps you into a vortex from which it becomes difficult to get up. I therefore decided to tell the lives of those people who are often only considered the sick part of society and to be able to give them a voice through my images which tell glimpses of the daily life of the latter who are almost always difficult to understand.
Il 23 novembre 1980, alle 19:34, tremò la terra in Irpinia, territorio compreso tra Campania e Basilicata, due delle regioni più povere del sud Italia. La scossa fu di 6,8 della scala Richter ed durò 70 secondi. Abbastanza per seppellire vive 2.914 persone e distruggere centinaia di migliaia di case intorno a Napoli. Quel giorno iniziò una diaspora senza precedenti di famiglie diseredate che corsero disperatamente a trovare una casa in qualche periferia della città di recente costruzione. Quartieri disegnati con la squadratura e lo smusso di un’utopia urbana importata dal nord Europa, trasformatasi in un brutto viaggio architettonico quando si è cristallizzata nell’Italia meridionale. Le Vele di Scampia progettata dall’architetto Franz Di Salvo e attualmente in fase di demolizione; Caivano, San Giovanni a Teduccio, Afragola e Ponticelli si trasformarono con la cosiddetta Legge 219 in una costellazione di case di protezione ufficiale, appartamenti occupati, povertà e spaccio di droga per lo più controllato dalla camorra: le cicatrici di una catastrofe naturale.
Tantissime famiglie persero in un attimo tutto
quello che avevano, le loro case, i loro beni, i sacrifici di una vita. Ponticelli, il secondo quartiere più popoloso di
Napoli (75.097 abitanti), dove Il livello di abbandono scolastico raggiunge il 40% , è oggi un pugno allo stomaco. Siamo nella periferia di Napoli Est ed è qui che i “bipiani“, caseggiati rivestiti completamente di alluminio con coperture in amianto, sorgono in un posto costruito dopo il terremoto. I “bipiani” dovevano essere un luogo provvisorio, di transizione, per gli sfollati del sisma, ma tutt’oggi ci sono circa 400 persone di etnie diverse che ci vivono ancora. Potremmo definirlo un mosaico di etnie e culture totalmente differenti, che faticosamente coesistono tra loro in un ambiente sudicio e privo di norme.
Il quartiere di San Giovanni a Teduccio rimasto autonomo fino al 1925 quando ne fu decretata l’aggregazione al Comune di Napoli assieme a Secondigliano, Barra e Ponticelli per effetto dei decreti fascisti a firma del re. Interessato dal cosiddetto Piano delle Periferie” del 1980, venne riqualificato sulle preesistenze insediative contestualizzati da paesaggi di elementi industriali obsoleti e indissolubilmente legato allo sviluppo urbanistico assieme al rione “167” e le Vele di Scampia. Da cui nasce il quartiere noto col toponimo di Bronx dato per le caratteristichesociali che hanno da sempre afflitto la popolazione residente.
Fu nel 2012 che iniziai ad occuparmi dei problemi della periferia di Napoli ed a
raccontare tante diverse realtà. Le difficoltà per chi vive in questi posti sono quasi sempre simili, cambia il luogo, cambia il dialetto, ma il livello culturale ed il ceto sociale resta uguale. Le problematiche sociali erano già da allora innumerevoli: (assenza di lavoro, disagi familiari, mancanza di
istruzione ecc…).Crescere in periferia per un ragazzo è veramente difficile ed è facile farsi travolgere dalla mentalità del mondo senza che tu te ne accorga in tempo. Come se la realtà improvvisamente ti sfuggesse di mano e ti travolgesse in un vortice da cui diventa difficile rialzarsi. Ho deciso quindi di raccontare le vite di quelle persone che spesso sono solo considerate la parte malata della società e di riuscire a dar loro voce
attraverso le mie immagini che raccontano squarci di vita quotidiana di quegli
ultimi che quasi sempre sono difficili da comprendere.
